Strumenti per il passaggio generazionale: Il trust

Buongiorno a tutti, oggi mi viene chiesto di parlare in ordine al trust ed in particolare alla sua specifica applicazione al servizio dell’impresa per il passaggio generazionale.

Sul punto, ovviamente e preliminarmente, nulla esclude di utilizzare lo strumento del trust affiancandolo agli strumenti tipici previsti dal nostro ordinamento per il PG per cercare di integrarne gli effetti ove non pienamente soddisfacenti (parliamo ad esempio della sapa di agnelliana memoria oppure dei più recenti patti di famiglia).

Bene, la prima parola chiave da ricordare è FAMILY BUSINESS.

Family business non è una parolaccia ma indica, semplificando, il modello di business più diffuso nel mondo.

Infatti, con il termine family business si deve fare riferimento non tanto al tipo di società snc o srl o spa, quanto a quell’impresa in cui la maggior parte del processo decisionale è in capo all’imprenditore fondatore, ai suoi parenti o eredi, o all’imprenditore che ha acquisito il possesso dell’impresa.

In questo caso, i numeri delle imprese familiari nel mondo e del loro contributo al PIL ci permettono di delineare il perimetro del problema del passaggio generazionale e della sua soluzione tramite il trust. (vedi Tabella nel PDF da scaricare)

Ebbene, questi numeri che una lettura superficiale porterebbero a ridurre il passaggio generazionale ad un mero problema di fissare l’appuntamento avanti ad un notaio, trascinano in sé un problema di natura macroeconomica dato dalla sfida con cui migliaia di imprese in Italia e in Europa sono costrette a confrontarsi.

Tant’è vero che da una recente indagine di Eurispes-Uil Pubblica Amministrazione1 è emerso come il dissesto di numerose famiglie derivi dal dissesto dell’impresa familiare, che alla luce dei numeri in gioco, ci porta a credere che il legislatore non abbia compreso qual è l’obiettivo del passaggio generazionale e quello dell’imprenditore che è quello di assicurare la stabilità dell’impresa in luogo con quanto da sempre previsto dal legislatore ovvero assicurare la stabilità all’arricchimento del soggetto assegnatario dell’impresa2 (in ordine a quanto ora detto ogni o in Europa parliamo di 600.000 posti di lavoro persi a seguito della morte di imprese familiare che hanno fallito il passaggio generazionale).

Bene, BTP è la seconda parola chiave da ricordare.

BTP non è una parolaccia ma è l’acronimo di business transfer project ovvero del modello di passaggio generazionale.

Dobbiamo infatti parlare di modello ed in particolare di modello organizzativo e della sua pianificazione, che per ovvi motivi deve seguire le seguenti regole:

1. l’esercizio dell’attività imprenditoriale deve avvenire dentro a degli schemi di responsabilità limitata eliminando posizioni di responsabilità illimitata (regola intuitiva che non necessità di spiegazioni salvo un approfondimento in materia di L. 231/01 che non è oggetto di questo video);

2. la pianificazione del passaggio generazionale non deve avvenire al primo infarto dell’imprenditore ma deve essere frutto di una presa di coscienza del problema riportando il problema del passaggio generazionale alla sua soluzione come problema culturale

3. la presa di coscienza del problema deve avvenire più o meno all’età di 50 anni, età che costituisce il limite spartiacque per “acquistare la chiave di successo” della futura convivenza generazionale, convivenza generazionale che è il problema del passaggio generazionale dovendosi gestire le aspettative da parte dell’imprenditore e da parte del suo successore o suoi successori.

Sul punto, sempre dall’indagine di Eurispes-Uil PA emerge come il fallimento del passaggio generazionale derivi dalla mancata pianificazione dell’imprenditore (USA 44% ITALIA 6%3) con la conseguenza che se gli attuali costi di queste successioni non programmate sono percepibili in quanto dato storico, per il futuro questo dato non è stimabile se non in una percentuale decisamente importante alla luce delle dinamiche macroeconomiche in atto con importanti ricadute in termini di costi sociali (dobbiamo infatti ricordarci della globalizzazione e delle innovazioni tecniche e di metodo che dal mondo del lavoro stanno andando a regime portando a inevitabili perdite occupazionali).

Bene, la terza parola chiave da ricordare è LEVA FISCALE.

Infatti, detto degli aspetti emotivi del passaggio generazionale andremo quindi a pianificare il suo modello e quindi a individuare lo strumento giuridico che si potrà scegliere per il passaggio generazionale e questo anche sulla base dell’impatto fiscale che questa scelta avrà.

Non per niente la pianificazione del passaggio generazionale spesso è accompagnata anche da un certo interesse per l’impatto fiscale che avrà.

Il problema è delicato.

Se è vero che lo strumento giuridico non è solo scelto per il vantaggio fiscale che potrebbe derivarne, si può comunque affermare che al netto degli effetti giuridici derivanti dalla scelta dello strumento giuridico per il passaggio generazionale, lo stesso perderà appeal o non verrà scelto nel caso di un aggravio fiscale.

E questo anche in considerazione del fatto che si deve gestire un passaggio generazionale che significa anche passaggio della competitività d’impresa che potenzialmente innesca meccanismi di confronto se non di scontro.

Detto questo una precisazione: il legislatore europeo ha compreso l’importanza di questa staffetta generazionale e a tal proposito con la raccomandazione 94/1069/CE ha sollecitato gli stati membri a

– Rendere l’imprenditore consapevole dei problemi di trasferimento e incoraggiarlo a prepararsi per un evento del genere nella sua vita così,

– Fornire un contesto finanziario che aiuta verso i trasferimenti di successo,

– Consentire l’imprenditore a preparare in modo efficace per il trasferimento offrendo idonee procedure,

– Garantire la continuità delle società di persone e delle imprese individuali in caso di decesso di un partner o l’imprenditore,

– Garantire il trasferimento di successo all’interno di una famiglia vedendo che successioni o sulle donazioni non mettano a repentaglio la sopravvivenza del business,

– Favorire il proprietario, attraverso misure fiscali, di trasmettere la sua attività vendendo o trasferendo ai dipendenti, in particolare quando non vi è alcun successore nella famiglia.

cosicché l’Amministrazione Finanziaria ha affermato la possibilità di applicare l’esenzione fiscale prevista dall’articolo 3 comma 4 ter del D.lgs 346/90 all’ipotesi di azienda segregata in trust non discrezionale.

Per completezza si evidenzia che l’agevolazione fiscale di non pagamento dell’imposta di successione e donazione trova applicazione a condizione che

• venga conferito una partecipazione di controllo di una società
• il destinatario del trasferimento sia un discendente del disponente o il coniuge
• questi si impegnino a mantenere il controllo e continuare l’attività per almeno cinque anni

Bene, TRUST è la quarta parola chiave da ricordare.

Infatti, se è vero che il passaggio generazionale dell’impresa non è solo la trasmissione dell’impresa ma è anche la trasmissione della cultura d’impresa, stante la pochezza o l’imbarazzo delle risposte del legislatore italiano (ad esempio sapa, proprietà e usufrutto, patti di famiglia, testamento e altro ancora), la soluzione trust è ovvia e naturale.

Prima di procedere oltre è necessaria una precisazione alla seguente domanda:

perché all’imprenditore viene consigliato il trust che è uno strumento giuridico straniero in luogo dei più conosciuti strumenti giuridici quali l’usufrutto, il mandato fiduciario, il patto di famiglia o anche dello strumento testamentario?

Questa legittima domanda ci impone di indossare gli abiti e gli occhiali dell’imprenditore con la conseguenza che se è vero che l’imprenditore è un capitano d’impresa è vero altresì che è un pater familias e la sua aspirazione/desiderio è stipulare un passaggio generazionale che è in realtà un patto/staffetta generazionale.

Come già anticipato la soluzione trust è ovvia e naturale essendo uno strumento giuridico flessibile i cui pregi rispetto alle altre soluzioni classiche sopra riportate si possono così sintetizzare nella:

• unitarietà della titolarità delle partecipazioni
• regolamentazione tramite l’atto istitutivo del trust delle modalità di gestione e dell’esercizio dei diritti inerenti le partecipazioni sociali
• segregazione delle partecipazioni sottoposte al trust con conseguente indifferenza rispetto alle vicende dei singoli soggetti4.

Quindi senza entrare nei tecnicismi dei trusts, la soluzione trust permette all’imprenditore di affrontare per tempo i propri timori attraverso una programmazione del passaggio generazionale che porta all’esperienza americana di “professionale ownership” dove le imprese si sono istituzionalizzate e dove il trustee è sia garante di regole certe che arbitro e dove le nuove generazioni della dinastia-famiglia possono anche non gestire ma tuttavia scelgono chi deve gestire nella consapevolezza che non sempre le nuove generazioni hanno le stesse energie, gli stessi intuiti e i medesimi stimoli del capostipite.

Bene, patti successori è la quarta ed ultima parola chiave da ricordare.

Ovviamente, parlare di patti successori non è mai elegante ma in tema di trust è necessario.

E’ noto infatti come in Italia esista ancora il divieto dei patti successori come statuito dall’articolo 458 del codice civile: in breve è vietato disporre ancora in vita della propria successione o dei diritti di una successione non ancora aperta.

Ci si chiede quindi se si incorre nel divieto di cui sopra nel costituire un trust per il passaggio generazionale.

Ebbene, la giurisprudenza è concorde nell’escludere il trust dal divieto dei patti successori per i seguenti motivi:

• il trust è un atto unilaterale e non è un patto
• l’evento morte non è la causa di attribuzione ma un evento accidentale eventualmente verificabile nel corso del termine di efficacia del negozio (si dice infatti che il trust non produce mai solo ma anche effetti successori)
• al momento dell’evento morte, i beni non appartengono all’asse ereditario, in quanto la proprietà è stata già trasferita in via definitiva e per atto inter vivos al trustee.

Chiusa così la questione giuridica, un nota di contorno: dall’analisi comparata degli altri strumenti giuridici per il passaggio generazionale (ovvero patti di famiglia, usufrutto e nuda proprietà, vincoli di destinazione e sapa), in quanto atto unilaterale il trust è lo strumento più idoneo a salvaguardare l’azienda e permette un’ottimizzazione fiscale il cui mancato utilizzo potrebbe elevare il tasso di litigiosità dell’asse ereditario con la conseguente perdita di valore dell’operazione così programmata dal disponente.

In conclusione un esempio in ordine al costo fiscale dell’imposta di successione è chiarificatore:
successione padre figlio aliquota 4% con franchigia per ciascun beneficiario di € 1.000.000,00= cosicché se cade in successione un patrimonio di € 20.000.000,00= da destinarsi in parti uguali a due figli, l’imposta totale da pagare è pari a € 720.000,00= in luogo dell’esenzione d’imposta sopra vista con l’istituzione di un trust per il passaggio generazionale.

Se poi consideriamo che in tema di imposte di successione e donazioni, l’Italia è considerato quasi un paradiso fiscale, poiché gode di un regime fiscale assai privilegiato rispetto agli altri paesi europei e che prevedibilmente nel prossimo futuro dovremo a loro allinearci, il trust è da considerarsi quale soluzione ottimale per il passaggio generazionale permettendo una pianificazione successoria a tutto campo sia in campo civile sia in campo fiscale come appena sopra visto.

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